I grassi, ancora li eviti? Parte II. Guida pratica di utilizzo ai fornelli.

I grassi, ancora li eviti? Parte II. Guida pratica di utilizzo ai fornelli.

Nello scorso articolo abbiamo capito l’importanza dei grassi nella nostra alimentazione, le loro caratteristiche e come le strutture delle loro catene li definiscano saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Le diverse proprietà implicano una maggiore o minore capacità di resistere a temperature elevate, come avviene nei processi di cottura, all’esposizione a raggi solari e all’ossigeno. Risulta fondamentale conoscere queste caratteristiche per comprendere quale grasso adottare a seconda delle esigenze. Potresti acquistare materie prime di ottima qualità, con il relativo prezzo, ma a causa di uno sbagliato utilizzo degradare le caratteristiche nutrizionali del prodotto, perdendo preziose sostanze nutrizionali nonché denaro.

Ricordate gli omega-3? Acidi grassi polinsaturi, grandi alleati del nostro sistema cardio-circolatorio nonché potenti anti-infiammatori, sono contenuti in pesce di acqua fredde (salmone, sardine, sgombro, trota), alghe, semi oleosi (semi di lino, canapa, etc). Essi sono facilmente degradabili in seguito a temperatura elevata, raggi solari e presenza di ossigeno, difatti il pesce ha notoriamente una conservabilità breve e dopo qualche giorno viene caratterizzato da quell’odore non proprio piacevole. Se è vostra abitudine comprare oli di semi quali lino, zucca, canapa etc diffidate da quelli sugli scaffali fuori dal banco frigo. Risulta fondamentale un’adeguata conservazione di questi oli in atmosfera refrigerata e in bottiglie di vetro scuro. Queste accortezze, che ci aiutano al momento dell’acquisto a individuare un prodotto di qualità, sono fondamentali anche nella conservazione domestica, dove è allo stesso modo importante chiudere adeguatamente la bottiglia una volta utilizzata! Per quanto riguarda l’uso in cucina preferite gli oli ricchi in omega-3 per condire a crudo e non per cuocere! Si ossidano molto facilmente a temperature relativamente basse, il che comporta la perdita di quelle caratteristiche bromatologiche per le quali li abbiamo acquistati.

sgombro

Riguardo gli omega-3 il consiglio comune è quello di aumentare il loro utilizzo e la via più facile per gli onnivori è l’opzione del pesce. Ma quali sono i consigli da adottare per preservare al massimo il suo contenuto di omega-3? In primo luogo la scelta del pesce è fondamentale! I pesci grassi di acque fredde sono i più ricchi propio perché gli omega-3 sono acidi grassi. Comprate pesce pescato e non allevato poiché nell’acquacoltura l’utilizzo di sfarinati non permette l’arricchimento di omega-3 del pesce derivante principalmente dal consumo di alghe. Inoltre i pesci di allevamento hanno un contenuto di grassi molto elevato a causa della velocità con la quale i pesci vengono cresciuti per essere pronti alla vendita, nonché l’utilizzo cospicuo di antibiotici, parallelamente a ciò che avviene nell’allevamento intensivo di bestiame. Infine ma non meno importante preferite pesce di piccola taglia dei nostri mari, meno contaminato da metalli pesanti, anche il vostro portafoglio ringrazierà (leggete qui per approfondire). Se siete amanti del sushi e sashimi, mangiare il pesce crudo, a patto che siano rispettate le adeguate norme igieniche (tra cui l’abbattimento per eliminare il rischio di anisakis), è la modalità migliore per garantirci una buona quota di omega-3. Anche la bollitura per intero del pesce permette di preservare il contenuto di omega-3, da evitare invece la frittura dove si raggiungono temperature troppo elevate. Inoltre al contrario di pollo e tacchino, il pesce grasso da acque fredde andrebbe mangiato con la sua pelle per garantire il massimo assorbimento dei grassi contenuti. Gli oli benefici si trovano proprio sotto la pelle, specialmente sotto le branchie, intorno alla pinna e lungo la pancia.

Ma cosa determina la maggiore o minore capacità di resistere ad elevate temperature? La presenza di doppi legami. I gruppi allilici (doppi legami) rendono gli acidi grassi maggiormente instabili, ovvero predisposti alla formazione di radicali liberi e quindi all’avanzare dei processi di ossidazione lipidica. Il processo di ossidazione è essenzialmente una reazione a catena indotta da un radicale libero, spesso di origine non conosciuta che per stabilizzare la sua molecole ruba un atomo di idrogeno dalla molecola di acido grasso. Il processo di autossidazione presenta un periodo di induzione che è direttamente proporzionale al numero di doppi legami presenti nella molecola, nonché alla presenza di pro-ossidanti che possono ridurre se non escludere questo periodo. L’energia richiesta per la sottrazione di un atomo di H (idrogeno) dall’acido grasso è molto maggiore per un gruppo metile (come quello dell’acido grasso saturo) che per un gruppo 1,4-pentadiene (acido grasso insaturo) a causa di caratteristiche chimiche molecolari che eludono da questo testo. In ogni caso ne deriva che i grassi saturi siano molto più stabili a temperatura ambiente rispetto agli insaturi, come sottolineato dalla tabella sottostante che indica il periodo di induzione (ovvero il periodo di quiescenza) e il tasso di ossidazione, tra loro inversamente proporzionali, di diverse tipologie di acido grasso.

Acido grasso

Numero di gruppi allilici

Periodo di induzione (h)

Tasso di ossidazione (relativo)

18:0 –> contenuto nel burro

0

\

1

18:1 (9) –> contenuto nell’olio extra vergine di oliva

1

82

100

18:2 (9,12) –> contenuto nell’olio di girasole e di mais

2

19

1,200

18:3 (9,12,15) –> semi di lino, canapa, pesce

3

1,34

2,500

Da ciò deriva la diversa conservabilità dei grassi e la diversa capacità di irrancidimento in varie situazioni come calore, luce, presenza di ossigeno. Quali i grassi quindi da preferire in cottura? Ecco un elenco in ordine di preferenza:

  • il burro, i migliori sono quelli che risultano gialli alla vista.  Per la cottura ancora più indicato è il burro chiarificato, dove il processo di chiarificazione elimina acqua, proteine (caseine) e disaccaridi (lattosio) determinando la formazione di un grasso quasi puro, resistente a temperature elevate, come quelle raggiunte in forno o in padella. Un grasso ancora migliore è il ghee, ovvero un burro chiarificato concentrato biologico, ottenuto da animali allevati al pascolo e per questo naturalmente ricco di acidi grassi buoni che potete percepire anche solo dall’odore;
  • l’olio di cocco. D’estate si presenta in forma liquida mentre d’inverno è solido, il che lo rende utile nelle preparazioni dolci in sostituzione ad alti grassi. L’olio di cocco contenendo acidi grassi a catena media è utile inoltre come potenziatore dell’utilizzo di grassi da parte del corpo;
  • lardo o altri grassi animali. Questi grassi ricchi di acidi grassi saturi resistono meglio alle alte temperature;
  • grassi tropicali, olio di arachidi e di sesamo
  • olio di oliva.

Un tip semplice è quello di aggiungere un po’ di aglio o cipolla in cottura così da ridurre il rischio della formazione di radicali liberi.

olio aglio

I grassi animali sono caratterizzati da una maggiore presenza di acidi grassi saturi, coinvolti in un aumentato rischio cardio-vascolare. Il consiglio che viene dato solitamente è quello di utilizzare carne bianca oppure tagli magri di carne rossa. Questo consiglio sarebbe superfluo qualora ci alimentassimo di animali selvatici e non allevati. Consideriamo infatti che la differenza percentuale di grasso tra animali selvatici e allevati in alcuni casi è abissale, un esempio è il maiale dove la quantità di grasso nei selvatici è pari all’1,3%, mentre raggiunge il 35-60% quando allevato. Gli animali selvatici apportano anche una quota di acidi grassi essenziali. Per questo al di là della quantità di carne che si mangia bisognerebbe porre maggiore accento sulla qualità! Preferire carni allevate ad erba ed evitare assolutamente carne da allevamenti intensivi dove l’utilizzo sconsiderato di antibiotici e ormoni rende le carni davvero poco salubri.

I grassi permettono di ridurre il carico glicemico degli alimenti nonché di prolungare il senso di sazietà, per questo è importante inserirli in ogni pasto della giornata. La frutta secca rappresenta una soluzione semplice e pratica, da portarsi dietro anche negli spuntini in ufficio o da aggiungere a yogurt (ancora meglio se greco) e un frutto per completare la nostra coazione. Preferire frutta secca priva di pellicina quando si ha una reazione irritante in seguito all’assunzione o in caso di acne. Dalla frutta secca e dai semi oleosi è possibile ottenere delle creme come burro di arachidi, mandorle, tahin, che possono ulteriormente ampliare la nostra varietà alimentare.

Che dire dell‘avocado? Un frutto ricco di grassi buoni, con un profilo nutrizionale simile a quello dell’olio extra vergine di oliva, risulta molto duttile e fresco per chi ama poco i condimenti ma non vuole rinunciare ad aggiungere grassi buoni ai propri piatti. Ottimo da spalmare su una fetta di pane per uno spuntino completo o come base per la salsa guacamole, da provare con uova sode al posto della maionese o per accompagnare carne o pesce. Da qualche anno è possibile  acquistare un prodotto totalmente italiano grazie all’iniziativa di un’azienda siciliana SiciliaAvocado, che per prima ha coltivato questo frutto tipicamente tropicale nel nostro paese. Questo ci permette di avere un prodotto più fresco e con un minore impatto ambientale per la netta riduzione dei tempi di trasporto.

Open avocado sandwiches on paper against rustic wood
29 maggio 2017 / Senza categoria

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